Abele Longo: Tempo di partire / Time to Leave

Ephemeral_ by Antonio Delluzio

Tempo di partire

Questa mattina svegliandomi
ho sentito che era tempo di partire

un cielo basso cupo
senza promessa di pioggia

solo calma sospesa per strada
i bidoni gialli della spazzatura

i giri consueti delle rondini
signore delle ore del mattino

un silenzio smisurato mi dico
quando qui la malinconia

sovrasta il senso delle cose
l’ho appreso da una signora per strada

che quel silenzio che chiude il paese
nelle sue case non è che un segno impietoso

quando qui la morte arriva senza preavviso
e si pone di fronte all’imponderabile



Time to Leave

This morning on waking
I felt it was time to leave

a low dark sky
with no promise of rain

only a stillness hanging over the street
the yellow bins stand in silence

the swallows’ customary rhythm
ladies of the morning hours

an endless silence I murmur
for here melancholy

outweighs the meaning of things
I learned from a lady in the street

that this silence sealing the village
within its houses is nothing but a merciless echo

that here death arrives without notice
and stands before the impenetrable

(translation by Sophia Longo)


Immagine: Ephemeral, di Antonio Delluzio


Un grazie di cuore ad Antonio Delluzio per aver concesso l’uso della sua opera.
Scopri di più sul suo lavoro qui: https://www.instagram.com/antonio_delluzio
e a Sophia Longo per la traduzione e a Silvestro Micocci per la lettura!

“Tempo di partire”  letta da Silvestro Micocci:

audio silvestro


4 risposte a "Abele Longo: Tempo di partire / Time to Leave"

  1. partire è un po’ morire” dice l’adagio popolare, che come ogni proverbio fa sfoggio di saggezza e ragionevolezza.

    in questa liricadi Abele, la partenza è col/legata al *tempo* fin dal titolo, cosa che m’evoca il passo biblico: “c’è un tempo per nascere e un tempo per morire, un tempo per piantare e un tempo per svellere le piante… un tempo per uccidere e un tempo per guarire, un tempo per demolire e un tempo per costruire… un tempo per piangere e un tempo per ridere…” e così via (perdonami la lunga citazione copia-incollata, ma ci tenevo ad arrivare almeno al *ridere* nella speranza di tirarti su il morale)

    : )

    leggendo il distico inziale ho pensato: strano, il primo verso è al tempo presente, ma il secondo è al tempo passato (non dice “sento che è tempo di partire” nell’istante presente, è il *parto* di un travaglio più lungo e sofferto, che viene da lontano).

    l’amplificazione del disagio è affidata ai tre distici seguenti, che suonanao *algidi* e silenziosi (un film in bianco in nero, senz’audio) finché la sofferenza non arriva a esplicitarsi facendosi carne/parola (“malinconia”).

    una malinconia plumbea, schiacciante (è un peso fisico che incombe, grava sul senso delle cose). potente il sinergismo di potenziamento tra silenzio, immobilità e malinconia (legati a triplo filo) che traghettano verso la “morte”. molto bella, peraltro, la traduzione libera di Sofia nel passo “is nothing but a merciless echo”.

    e *si* arriva al dunque: la chiusa che “pone di fronte all’imponderabile”… ma non siamo noi il complemento indiretto, il pronome personale non è “ci”.

    a porsi, sembra essere la morte stessa (quindi la partenza) che “si pone di fronte” (in prima persona), quasi a prendere di petto anche l’imponderabile: una sorta di ulteriore prova di forza della morte.

    non vedo spiragli (onde per cui mi aggrappavo alla Bibbia in incipit): poesia notevole e coraggiosa, che quasi assume le sembianze d’un tritacarne (umana).

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  2. Carissimo, grazie come sempre per la tua generosità. Questo blog andrebbe seguito se non altro per i tuoi commenti 🙂

    Non ti dico cosa veramente mi ha ispirato la poesia, perché spiegandola forse la perderei – mi piace invece conservare quel poco di mistero che forse ha. E’ legata naturalmente a un evento molto triste. Ti dico però che, sì, martedì mattina mi sono svegliato sotto un cielo plumbeo e che fare quattro passi di prima mattina non mi ha aiutato affatto.

    Un abbraccio

    Abele

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  3. Avvertire che è tempo di partire forse significa che la partenza è come il giro delle rondini

    una cosa che si ripete, un eterno ritorno dell’ora di partire.

    Si lascia un silenzio smisurato, come quello che c’era oltre la siepe del Leopardi,

    e anche l’attesa dell’eterno ritorno dell’arrivo della morte (quando vado a Cardano il paese dove ho vissuto la giovinezza scopro sempre che qualcuno che mi corrispondeva non c’è più). Ma quando arriva la morte si trova davanti l’imponderabile, cioè qualcosa che è fuori dal suo controllo. Forse perché come, pensava Epicuro, quando c’è lei non ci siamo più noi,

    o forse perché gli sfugge tra le mani il nuovo ciclo vitale di un ritorno o l’eternità, per chi ci crede.

    Leggo l’inglese ma non sono un profondo conoscitore della lingua, ma per quanto riguarda la traduzione, anche a me è piaciuto molto l’uso della locuzione merciless echo, penso sia un francesismo da sans merci (c’è anche una poesia di Keats -La belle dame sans merci), che per me con l’eco che sostituisce il segno rende più spietato il verso.

    Anche customary rhythm mi piace, i ritmi delle rondini come segno dei grandi cicli naturali

    degli arrivi e delle partenze, della vita e della morte.

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  4. Riporto un commento di Annamaria Ferramosca, che ha avuto dei problemi a postarlo sul blog:

    “Conosco, Abele, questo indicibile mood che assale prima della partenza e credo sia complice quella atmosfera di contrade salentine che ci ha penetrato le carni fin dall’infanzia. Si ascoltano voci dell’aria, delle vecchie case, dei muri bianchi e tu trasmetti questo parlare da parte di un genius loci che dice dell’oltre, del tempo forse breve, del mistero. Testo di altissima densità. Conservata nella perfetta traduzione di Sophia.”

    Annamaria Ferramosca

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