Plinio Perilli: HOLLYWOOD ODIOSAMATA (4) – Hollywood Città Proibita

 

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4 – Hollywood Città Proibita

Hollywood odiosamata, Mecca e Inferno, capitale del Cinema. E insieme della Scrittura ad esso collegata, in esso frustrata o rinfrancata… Emilio Cecchi (l’eccezionale, pionieristico viaggiatore di Messico, e poi America amara) vi giunse nel 1930, e così ce lo descrive, il suo stupendo enigma  in un misto di stupefatta ammirazione e preoccupante annichilimento: “Notare come i cinematografi americani, dal Roxy di New York al Chinese Theatre di Hollywood, al Paramount di San Francisco e mille altri, nel fasto degli ori, dei velluti, dei tappeti ambiscono a qualche cosa più della suggestione di ricchezza materiale. A male agguagliare, direi che c’è la stessa suggestione delle chiese del Messico: un bisogno di suggestione sovrannaturale, attraverso la ricchezza e il barocco.”

Un altro eccezionale reportage su Hollywood la mecca del cinema uscì nel ’37 e racconta la lunga permanenza di Blaise Cendars, scrittore anarchico ed eclettico quanto più non si poteva, nella capitale della celluloide, dei registi e dei divi…

“A Hollywood tutte le strade portano a… uno studio! Perciò, quale che sia la vostra andatura e la direzione che prendete, o il tempo che impiegherete a orientarvi, una qualunque delle strade che incrociano davanti a voi, e che procedono in linea retta verso est, ovest, sud, nord, finisce inevitabilmente davanti a un muro. Quel muro è la famosa Muraglia cinese che circonda ogni studio, e che fa di Hollywood, città già complicata da raggiungere, una vera e propria Città proibita; perché Hollywood è fatta di diverse cinte interne, che delimitano altrettanti Cremlini, che precludono l’accesso a diversi serragli”…

Francis Scott Fitzgerald a Hollywood ci lavorò, e ne fu sottilmente stritolato. La sua eccelsa vendetta, consumata almeno in parte, fu di arpionare, di inventare col suo ultimo romanzo The Last Tycoon (postumo e incompleto) una strepitosa figura di produttore. Elia Kazan lo ridusse in film molti anni dopo, nel 1976 (sceneggiato da Pinter e con un ottimo De Niro), regalandoci qualche brivido supplementare e una non eccelsa ma struggente pellicola…

Ernest Hemingway (che dal cinema ricavò non pochi soldoni, ritrovandosi rappresentati sul grande schermo parecchi dei suoi romanzi), odiava e disprezzava esplicitamente Hollywood, vantandosi di servirsene – a suo piacimento, o così si illudeva – solo per incrementare il suo conto in banca. In una lettera a Maxwell Perkins da Parigi del 6 dicembre 1926, ai tempi del gran successo di Fiesta (Perkins sarebbe poi divenuto per molti anni il suo editor alla Charles Scribner’s Sons), vomita fulmini e saette contro il consacrato star system californiano: “… Quanto ai diritti cinematografici la prego di fare il meglio che può cioè il più di soldi – io non vado al cinema e non mi importerebbe dei cambiamenti che fanno. La perdita o il guadagno è loro – io non scrivo per il cinema. Anche se filmando a Pamplona potrebbero fare un film magnifico…”.

Anche Il parco dei cervi (1955) di Norman Mailer era ambientato a Hollywood e dintorni, dentro l’ingarbuglita frenetica vita di attori attrici attricette, agenti pubblicitari registi produttori, miliardari e squattrinati, sospinti dall’alcol, dal iraggio di enormi ricchezze e volontà di potenza: “Sei una ribelle, ecco quello che sei. Sai cos’è una diva? È come un frutto delizioso e deperibile. Devi farle percorrere molta strada per portarla fino al mercato, e quando c’è arrivata devi venderla. Se non la vendi, marcisce. Diventa fradicia.”…

Anni prima, Il giorno della locusta di Nathanael West (1939), già denunciava tutto il marcio imbellettato e sbrilluccicante di Hollywood… Fu davvero una delle prime, potenti analisi romanzesche della civiltà dei media.

Ma quanto poco, in realtà,  gli scrittori capirono, capissero Hollywood, ce lo lascia intendere un duro giudizio di Orson Welles proprio su Fitzgerald, che nella Mecca del cinema fece anch’egli la sua dura, triste, algida (e ben remunerata) trafila spersonalizzante…  “Che ne pensi del romanzo su Hollywood di Fitzgerald, The Last Tycoon?” gli chiede Peter Bogdanovich intervistandolo. E l’artefice di Quarto potere (che su “Esquire”, nel ’59, pubblicò uno splendido articolo sulla morte di Hollywood), replica secco: “Mi è sempre sembrato il grande fallimento di un grande scrittore.” “Be’, non è finito.” “Ma anche quello che c’è… secondo me non ha mai capito Hollywood. Non credo che sapesse di cosa parlava.”

Proprio perché Hollywood, prima che poesia, ed Arte – optionals graditi quanto rari, spesso improbabili! – era mestiere, scienza, industria, artigianato,  fordismo della celluloide… Onore dunque al luminoso drappello di registi e basta che fecero comunque grandi quegli Studios e quegli anni: da Howard Hawks a William Wyler, da George Cukor a Franz Borzage, etc.

Così come molto fu dovuto ai producers, ai grandi magnati che trovarono i capitali da rischiare (e naturalmente, spesso, raddoppiare, decuplicare!). Samuel Goldwin, Fox, Selznik…. Hanno fatto la storia del Cinema come e quanto i grandi divi o i sommi registi, se non di più…

Con talune folli, stravaganti eccezioni. Il miliardario, avventuriero, pilota, inventore, mecenate e quant’altro Howard Hughes, ad esempio, personaggio mitico e multiforme, si provò anche nella regia: memorabile l’audacissimo – per allora – western Il mio corpo ti scalderà, con la “bomba” sexy Jane Russell. Fu girato nel ’41, fu censurato, ritirato dalla circolazione, tagliato opportunamente, e solo nel ’50 uscì sugli schermi, in una versione purgata.

Dopo tanti anni, un regista regista, Martin Scorsese, gli ha dedicato un film, The aviator (2004), splendido soprattutto per la ricostruzione (e che ha meritato a Dante Ferretti, già collaboratore di Pasolini, Fellini eccetera, il Premio Oscar per la migliore scenografia, così come a sua moglie Francesca Lo Schiavo, quello per i migliori costumi)… Folleggiante, narcisa, munifica e perversa esemplificazione estetica, filmico-romanzesca, di cotanto pari… “Hollywood:” – intonava, denunciava Godard ancora nell’88 – “la potenza di Babilonia, la potenza dei sogni. Fabbriche come questa, il comunismo si è dissanguato a sognarle.”

(tratto da: Plinio Perilli  Costruire lo Sguardo “Storia Sinestetica del Cinema in 40 grandi registi” Mancosu, Roma, 2009)

© Plinio Perilli, casa editrice Mancosu (Roma), 2009
® Vietata ogni riproduzione e/o uso del testo se non previa autorizzazione dell’autore.


3 risposte a "Plinio Perilli: HOLLYWOOD ODIOSAMATA (4) – Hollywood Città Proibita"

  1. Hollywood che si fa cinema rivelando un mondo cupo e oppressivo. In Sunset Boulevard lo scrittore/sceneggiatore si racconta da cadavere in una piscina. Ne segue tutto un genere. Tra i miei preferiti Barton Fink dei fratelli Coen che riprende le atmosfere claustrofobiche, l’inferno in tutti i suoi sensi di uno scrittore “a servizio” che troviamo in Sunset Boulevard. Anche in Barton Fink abbiamo uno scrittore modellato su Fitzgerald, sul suo alcolismo leggendario.

    Una precisazione, qualcuno mi ha chiesto se “Costuire lo sguardo” è interamente dedicato a Hollywood. Hollywood è solo parte, per quanto importante, di quest’opera dal grande respiro. I capitoletti che stiamo proponendo su Neobar sono tratti dalla sezione introduttiva, il libro si concentra infatti su monografie di registi come Chaplin, Dreyer, Godard, Greenaway, Hitchcock, Kurosawa, Kubrik e tra gli italiani Camerini, Fellini, Rosi, Pasolini, Leone, Bertolucci, e altri ancora (quaranta in tutto).
    Abele

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