Abele Longo: Nel sud del sud di Vittorio Bodini

Fotovittoriobodini
Nel sud del sud di Vittorio Bodini

vola basso un trimotore
si alza il fumo dalle baracche
le robe le biciclette

bruciate ai contadini
sbucano dai cespugli
li picchiano con i manganelli

passa un biroccio di zingari
penzola un mucchio di gambe
nel sud del sud di Vittorio Bodini

campanelli roventi
sellini schiodati dalle natiche
pompe contorte risorte dalle ceneri

e se volete la luna
ma con discrezione
senza farne una citazione

*

Vate nostro

un poeta è sempre nostro anche quando
fatto santo l’hanno letto a pezzi
dato in pasto alle autorità

diranno i biografi dell’iracondia
come il Copertino tirando in ballo
cartapesta e tufo
una fila di pianoforti
a picco sul mare andaluso

donne dal nome esotico
bisogno di epica
macigno buco oscuro
un paio di scarpe per girare il mondo
un paio fiammante per il Padreterno

a noi cresciuti con il nu il dubbio
se siamo nella caverna o sofistici
contrabbandieri di un cielo nero
albe di latte che prendono il posto
dei limoni nelle botole dei morti

***
Su Vittorio Bodini:

http://neobar.wordpress.com/2013/05/24/augusto-benemeglio-bodini/


8 risposte a "Abele Longo: Nel sud del sud di Vittorio Bodini"

  1. Due componimenti piacevolissimi. Pregni di richiami al “Sud dei sud”, che poi è un richiamo che si estende grossomodo a tutta l’Italia, con le sue contraddizioni, la sua quotidianità e i suoi misticismi stratificati nel tempo, che si sfogano sotto le più svariate tirannie. Cosa che non lascia inviolata la poesia, traslando nel politico l’incipit della seconda lirica:

    “un poeta è sempre nostro anche quando
    fatto santo l’hanno letto a pezzi
    dato in pasto alle autorità”

    Bravo Abele!

    Un saluto a tutti e buon anno!

    Fernando

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  2. Aggiungo a quanto già evidenziato da Antonio Devicienti: leggerezza partecipativa (anche se un po’ amara)
    e metto in risalto, oltre al “Bravo Abele!” e ai tre versi riportati da Fernando, anche i tre finali:
    “e se volete la luna
    ma con discrezione
    senza farne una citazione”

    Ciao!
    un Buon Anno a te, a tutta la redazione e ai lettori di Neobar!

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  3. Efficaci questi versi di Abele nel rimarcare l’appartenenza e l’unicità di una poetica che non cede a compromessi ne a facili suggestioni. Parole schierate su un fronte preciso, determinato: “Nel sud del sud”.

    Grazie Abele!

    Rosaria

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  4. un poeta è sempre nostro anche quando
    fatto santo l’hanno letto a pezzi
    dato in pasto alle autorità

    quanta verità in questi versi! l’origine di una scrittura, questo mix misterioso di geni e di terra della nascita è inalienabile, sempre.
    Segnalo che oggi iniziano le manifestazioni del centenario della nascita di Bodini con
    il primo evento a Castelnuovo di Porto (leggi su http://www.vittoriobodini.it/
    un caro saluto a tutti i neobariani, Abele in testa,
    annamaria

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  5. ( questi versi già pubblicati da Abele Longo)
    —————————————————————————————————-
    con un gelato di corvi in mano

    a vittorio, a carmelo e a me stesso

    regressione salentina

    Con un gelato di corvi in mano
    torchiavo con le dita il grumo dolciastro di un mosto,
    sul capo mi ronzava una corona di gerani spennacchiati.
    Crollavano lacrime di cartapesta dai balconi-cipolle,
    giù, come vischiosi incensi.

    Squamata da luci antelucane l’ombra asfittica
    piombata come una bara, scantonava
    per la città falsa e cortese su un carro funebre.

    Nella calura la nera lingua colava gelida pece!

    Schioccavano i nastri viola un grecoro di squillanti: EHI! EHI!
    come un applauso spagnolo!

    Ma dai padiglioni tracimava il tuo pus epatico, bavoso…
    risonava un verde rossastro strisciante di ramarro,
    le bende, come banderuole scosse dal favonio, tra quei letti infetti…

    e brillava… l’afa!

    Scampanava al capezzale delle mie Legioni
    quel verbo cristiano e scellerato che in esilio,
    invano, affossò – il Canto!

    Ma noi brindavamo – io, tu e l’attore – con un nero primitivo,
    i calici svuotati come dopo ogni risurrezione,
    perché la morte fosse onorata dal suo delirio!

    antonio sagredo

    Vermicino, 11 marzo – 4 aprile 2008
    ———————————————————-
    (questi versi non pubblicati)

    Passato leccese

    Lo sapevo, lo presentivo, lo sapevo.

    La città scampanava di fiori le chiese,
    i bambini ronzavano attorno i campanili.
    Il noviziato arrossiva sotto il chiostro barocco,
    i limoni scotevano l’aria dal torpore di sangue
    scivolato dal turchese!

    Magnifico il poeta dai balconi squillanti
    imbandierati di garofani…
    il gelo dei gigli salutavano madonne vogliose
    i santi Cosimo e Damiano giocavano a carte
    e nel destino i tarocchi assegnavano gli ex-voto.

    Ma l’aria si fondeva nel verde nome della mia città,
    ingiallita di pietra la sua nudità in un sole invertito.

    Un triste basiliano malediceva Vanini: un Cesare – in fiamme!

    Col rosario spezzato si lagnava presso i crocicchi,
    dove lumicini aguzzi zebravano la nera devota,
    imponendo un segno di croce che l’ubriaco scatarrava.

    Le giravolte mi torcevano il collo:
    un imbelle martirio!

    a.s.

    Roma, 14 ottobre 1976

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  6. Nostalgia di un sud “primitivo” che si articola anche lungo il filo della storia, come un’eredità, dalla guerra fino alla “caverna”,come in Bodini, dolore per il desiderio del ritorno, ma anche un sud buco nero, nel quale è difficile vivere, “così sgradito da doverti amare”.

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