Ringrazio Giacomo Cerrai che, in occasione dell’uscita del primo numero di Menabò, rivista internazionale di cultura poetica e letteraria, edita da Terra d’ulivi edizioni, ha pubblicato su Imperfetta Ellisse la mia traduzione di una poesia, “The renovation near Sansepolcro”, di Martyn Crucefix. Il mio articolo su Menabò include la traduzione di un’altra poesia, “The Lovely Disciplines”, di Crucefix e un’intervista all’autore.
A.L.

Complimenti a Giacomo Cerrai per la rivista! Grazie Abele per questa traduzione elegante e calibrata di un poema che si ispira ad un capolavoro della storia dell’arte: direi che è bellezza che chiama la bellezza!
Un caro saluto,
Rosaria
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Grazie Rosaria! Giacomo ha recensito la rivista, responsabile della rivista e’ Elio Scarciglia. E i complimenti, per quanto di parte, ci stanno tutti a mio parere. Un carissimo saluto anche a te
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L’ha ribloggato su Martyn Crucefix.
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E’ un testo coinvolgente che si sposa in modo mirabile al dipinto: molto bello!
Un cordiale saluto,
Rosaria Di Donato
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Mi ricorda il “meriggiare” di Montale, qui rovente non c’è il muro
ma il viottolo, c’è la stessa operosità delle formiche, in più c’è la lettura,
il segnalibro sembra suggerire l’idea del Cristo, fermo e sicuro, che esce dal sepolcro
come una parola importante che si è appena vista uscire dal libro, un’uscita faticosa dall’acqua dell’inconscio,
come succede, ad esempio, nell’ “Emergence” di Bill Viola.
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Grazie Giancarlo. Interessante il richiamo a Montale. Di grande effetto il video di Viola, ci restituisce un Cristo che più che risorgere sembra rinascere “dall’acqua dell’inconscio”; come da una bacinella in una camera oscura, con i contorni sfocati, si fa immagine “a fatica” .
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Nel procedere della poesia si ha la sensazione di un’attesa di qualcosa che dia senso al paesaggio che ruota attorno al poeta come se la sua terrazza fosse il centro dell’universo, come se cercasse una giustificazione all’esserci nel mezzo dello sfavillio della luce, -bellissima la metafora della fiamma ossidrica- e questo a sua volta non si inquadrasse soltanto in un succedersi di stagioni ma in un’epoca luminosa divisa per sempre da un’altra buia, invernale.
“La terrazza dove ho scelto di leggere ogni cosa
ruota intorno a me (…)
fino a quando non sento il rumore
di una foglia o il mormorio
delle formiche esplorare il manto peloso dei miei piedi
o la cartolina che lei ha comprato
stamattina e uso come segnalibro —
lo sguardo esoftalmico
del Cristo risorto di Piero…”
Il capolavoro di Piero ha dunque un effetto dirompente, come una soluzione inaspettata che si avvita perfettamente nel paesaggio di particolari scollegati tra loro.
Se la natura si trasforma in parole che il poeta può leggere, la riduzione di tutto a razionalità è qui contrastata dalla mancanza di un nesso logico tra le cose. In effetti il paesaggio è caos attraversato dalla contemporaneità . Ma un mescolio continuo di eventi ha l’effetto di un’ orchestra che si prepari ad un concerto. L’entrata in scena del direttore d’opera dà senso ai suoni, all’acqua, alle formiche alla candela, alle foglie, un movimento di suoni che coglie in una sintesi l’inverno e l’ estate, facendosi segnalibro del prima e del dopo. Il Cristo che risorge è la soggettività dell’uomo, il suo porsi al centro del rinnovamento con l’imponenza di chi conosce il lato oscuro della vita e sa come illuminarlo. Ma è anche la metafora dell’operosità umana e della sua capacità di immergersi nella natura, attraverso la figura del muratore e del nuotatore rispettivamente. E’ il poeta in fondo che riflettendosi nello sguardo esoftalmico del Cristo, sente dentro di sé tutta la potenza del rinnovamento a cui è richiamato fortemente dal quadro e dalla furia divina che lo anima. Ciao
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Grazie Franco. Una sensazione di attesa e il bisogno di “rinnovamento”, la necessità di “dare” senso. Come dice Martyn, di vedere le cose in un tutt’uno, legate tra loro, l’inverno e l’estate insieme, come, appunto, nell’affresco di Piero. Bella l’immagine dell’orchestra che si prepara a un concerto con il direttore che entra in scena; il Cristo di Piero diventa infine la partitura…
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Poesia davvero elegante e felicemente *corposa* , nel senso della densità di immagini che si muovono leggere e vivide.
Interessante il progetto editoriale di Terra d’Ulivi.
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Grazie Iole. E anche il Cristo di Piero finiamo per vederlo più umano. Ci ricorda un muratore – dal titolo capiamo che ci sono dei lavori in corso – ed era tra la gente del popolo che Piero sceglieva i suoi modelli.
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bellissimo salpare. chissà se (per parafrasare le parole di Cerrai sul link a ellisse), la prua *internazionale* ve-leggerà lungo un linea editoriale più globalistica o umanistica. mmmm…
della poesia di Martyn Crucefix (ottimamente tradotta da Abele), mi risulta pedante il tris di “like/come” che verseggiano a braccetto nella parte finale. geniale invece l’occhio esoftalmico del Cristo di Piero usato a mo’ di segnalibro.
: )
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