Giancarlo Locarno: L’attimo della creazione –  L’arte di Virginio Mazzucchelli

Credo che l’impulso originario dell’arte di Virginio Mazzucchelli sia stato quello di rivivere ogni volta l’attimo della creazione, l’istante preciso in cui si stanno separando dalla luce le acque e la terra, e prende forma la vegetazione. Tutto è tranquillo, incarnato nel paesaggio del Ticino, ogni presenza è puramente vegetale, non ci sono animali e nemmeno esseri umani, la vita brulica tranquilla senza la violenza della predazione e della presenza umana, sotto le nuvole di un cielo che cambia colore si manifesta la straziante e meravigliosa bellezza del creato senza tempo.

Dal suo maestro Pio Semeghini acquisisce la luce diffusa e avvolgente, che interpreta in modo originale, trasformando la composizione chiarista in una  rarefazione lirica di  macchie di luce colorata che lentamente derivano verso l’informale, ma senza mai arrivare all’astrazione violenta del neonaturalismo padano.

La luce ogni giorno si presenta come una cosa nuova, bisogna imparare a conoscerne i segreti. Virginio Mazzucchelli dipinge sempre e solo  “en plein air” e lo studio di questa luce, che unifica tutto avvolgendo il paesaggio, nelle sue variazioni da luogo a luogo e durante lo scorrere delle ore, è come una necessità fisica, un atto propiziatorio non solo artistico ma anche esistenziale. 

Il punto di partenza della sua attività è appunto il paesaggio, sempre il Ticino come soggetto prediletto, ma anche la brughiera che da Gallarate e Samarate arriva a lambire il fiume verso Lonate Pozzolo e Somma Lombardo. Questo paesaggio ha una compiuta  struttura solida, anche se già appare immerso nella vegetazione  come avvolto in una nuvola di luce.

Negli scorci urbani di Gallarate e Samarate mette a punto un congegno visivo con le fughe prospettiche sapienti e le architetture esatte. Vi sono impressi i segni della presenza dell’uomo: la spaccatura del paesaggio per gli argini artificiali di un torrente o una fuga prospettica profonda che spezzano l’organismo urbano in due come una ferita, o il dettaglio di un’insegna. Sembra però che le sue città non abbiano nessun bisogno dell’uomo che è sempre rigorosamente assente, anche nel centro cittadino, che dovrebbe essere sempre affollato, non c’è mai un passante. Come se la città fosse la struttura o la conchiglia di un organismo vivente che vi si rifugia dentro e non si fa vedere.

Progressivamente, col trascorrere del tempo, la sua città subisce una metamorfosi e si evolve in un oggetto che diventa parte della natura, la precisione dell’architettura diventa un gioco di campiture di luce che sfumano con ombre colorate  e si  confondono con il paesaggio circostante.

Mantiene l’atmosfera nebbiosa e misteriosa di un paesaggio in attesa di qualcuno con la sensibilità giusta che lo possa abitare nel settimo giorno, quello della meditazione. La struttura diventa alla fine liquida, macchie di colori che galleggiano nell’acqua, riflessi di piante, di nuvole o di cielo. 

Non bisogna dimenticare che Virginio Mazzucchelli è stato allievo di Marino Marini all’ISIA di Monza dal quale sicuramente ha appreso la solidità dell’impianto strutturale, che si intravede ancora  nei rami e nelle pietre e nelle linee che definiscono l’argine del fiume o nei cespugli della brughiera.

Mazzucchelli è stato compagno di studi di mio suocero, lo scultore Giuseppe Banda, il quale un giorno mi ha raccontato un aneddoto che riguardava entrambi. Mi diceva che  Marino Marini, uno dei loro insegnanti, era gelosissimo della sua arte, un semplice schizzo tracciato per correggere un allievo veniva subito dopo stracciato e gettato via, inoltre nessuno poteva entrare nel suo studio. Sceglieva un collaboratore sempre tra gli studenti di pittura, mai tra gli aspiranti scultori, quasi non volesse che gli carpissero dei segreti. In quegli anni la scelta di Marino Marini era caduta su Virginio Mazzucchelli, al quale aveva anche consegnato le chiavi del suo studio.

Giuseppe e Virginio venivano entrambi da Samarate,  spesso facevano il tragitto fino a Monza insieme e, in quelle occasioni, spesso Giuseppe lo pregava di fargli vedere lo studio di Marino Marini, gli sarebbe stata sufficiente un’occhiata, ma Virginio declinava sempre, perché se il maestro l’avesse saputo avrebbe scatenato tuoni e fulmini. Ma un bel giorno quando il maestro era assente e intorno non c’era nessun testimone, Virginio ha aperto lo studio del Marini e Giuseppe ha potuto coronare il suo sogno. Ho ancora in mente gli occhi contenti di mio suocero nel rivivere quel ricordo, anche se erano ormai passati così tanti anni. Virginio in quel periodo ha anche fotografato lo studio di Marino Marini, le sue foto sono state pubblicate nel catalogo della mostra : “Marino Marini- Gli Archetipi” , tenutasi a Gemonio nel 2008.

Torniamo alla sua arte, un altro aspetto da analizzare riguarda il disegno, che ha una caratteristica diversa e quasi contrapposta rispetto alla sua pittura, matita, china  e seppia e infine linoleografia, un tratto minuzioso e puntiglioso nel descrivere il paesaggio, dove le città sono descritte quasi mattone per mattone e gli alberi ramo per ramo e foglia per foglia. Ha fatto così suo, ma interpretato in modo originale,  l’insegnamento di un altro dei suoi maestri Di Monza, Ugo Zovetti, uno dei maggiori protagonisti della decorazione europea, della raffinata stilizzazione a partire dall’osservazione diretta della natura.

Nell’accuratezza delle descrizioni l’elemento plastico e visivo viene finemente valorizzato con esiti  che, in alcuni casi, mi sembrano richiamare i calligrammi giapponesi del mondo fluttuante, o segni di cesello, tracciati nell’aria.

Durante le sue peregrinazioni, se scopriva dei cambiamenti nei paesaggi che amava, come demolizioni di edifici importanti, cercava di fissarne la situazione precedente con dei disegni, prima che sparisse per effetto delle modifiche, quasi volesse fissare il tempo che passa e costruire un archivio della memoria del territorio.

Come conciliare allora la pittura di Mazzucchelli che abbiamo detto essere senza tempo e il suo disegno che, anche con la gestualità, invece fissa un momento irripetibile dello scorrere della storia?  Come riuscire ad afferrare ed accordare il punto di intersezione dell’eternità con il tempo che batte dentro di noi? Sono due concezioni che si scontrano e insieme si fondono. Negli ultimi dieci anni di attività, dalla fine degli anni novanta del secolo scorso, ha sostituito la tecnica della pittura ad olio su tavola, con quella ad olio su carta, questo  per me rappresenta una estrema sintesi, una fusione tra la pittura e il disegno. Il medium rimane sempre quello dei colori ad olio, ma il supporto diventa la carta, materiale tipico per accogliere il disegno, riesce così, inventandosi questa tecnica, ad ottenere nella stessa opera e in modo magistrale, l’esito della pittura e del disegno, il tempo del disegno e l’assenza di tempo della pittura.

Di questi ultimi lavori il soggetto è spesso costituito da cespugli fioriti, con i colori e la struttura che scandiscono i giorni e il passaggio delle stagioni. La luce emanata avvolge questa durata in una sospensione che annulla il tempo e rende concreta, quasi materica, questa “cosa” onnipervasiva  che possiamo chiamare eternità, che per svelarsi deve necessariamente, come in un film accelerato, attraversare lo scorrere dei giorni della vita. Ogni giorno è un quadro e tutti i giorni e tutti i quadri sono nelle stesso tempo, per certi aspetti uguali e per certi altri diversi e costituiscono i frammenti di specchio in cui si riflettono i frammenti di questa eternità, che tutta intera si ricompone nella compiutezza dell’attimo della creazione.   

Virginio Mazzucchelli

Virginio Mazzucchelli  (1921-2018) nasce a Samarate, Studia dal 1937 al 1942 all’Istituto Superiore per le Industrie Artistiche (I.S.I.A) della Villa Reale di Monza,  innovativa scuola d’arte, una sorta di Bauhaus italiana. Suoi maestri sono stati Raffaele De Grada, Pio Semeghini, Ugo Zovetti, l’architetto Giusep­pe Pagano e lo scultore Marino Marini.

Virginio inizia ad esporre le proprie opere nel 1944, dedicandosi inoltre all’insegnamento di disegno e storia dell’arte in vari licei, tra i quali quello di Gallarate. Partecipa a nu­merose collettive e allestisce innumerevoli mostre personali. Ha sempre dipinto in plein air. Si è spento all’età di 97 anni nella sua casa di Gallarate.

L’associazione GBARS di Samarate, della quale sono il segretario, ha organizzato una mostra di opere del maestro Virginio Mazzucchelli che si terrà a Samarate presso la prestigiosa sede  di Villa Montevecchio Dal 28/01/2023 al 13/02/2023.

(Tutte le foto del post sono state fatte da GBARS  dalle opere originali). 


2 risposte a "Giancarlo Locarno: L’attimo della creazione –  L’arte di Virginio Mazzucchelli"

  1. La bellezza dei colori, dei tratti precisi: luoghi riconoscibili eppure sospesi allo stesso tempo, come un miraggio, una “visione”. Grazie Giancarlo, una bella scoperta per me.

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  2. L’ arte di Virginio Mazzucchelli è po’ più di un respiro e di un sogno, di un paesaggio incantato in cui rifugiarsi e vivere lontano dalla folla, persi in una luce e una dimensione senza tempo. Grazie Giancarlo Locarno per la tua proposta!
    Un cordiale saluto,
    Rosaria Di Donato

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