In questo nuovo libro di Annamaria Ferramosca l’auspicio naturale pare essere quello di una rigenerazione, di un nuovo originarsi planetario e umano, che spontaneamente fluisca verso un sentire collettivo, una comunità umana futura che abbia abbattuto i confini dello spazio e del tempo. Se la voce illumina, la prima cosa a venire illuminata dai segni accesi è allora la nullità dell’io. Perché si desidera sciogliere l’umanità intera in un abbraccio e, infine, cantare solo questo nodo di luce sperata. (dalla prefazione di Maria Grazia Calandrone)
Molti sono i segreti da esplorare in questa poesia dal decorso fluente, inarrestabile, che risuona, simile a un flauto di canna durante l’ipnosi della notte; e tanti anche i riferimenti che riverberano come le Idee dal fondo della caverna platonica: la nascitamistero, la migrazione, la decadenza, l’ignoto e il rimosso, l’assurdo e l’enigma, il caos avvolgente del disumano dal quale il poeta cerca lo scampo (l’ultima riva del caos), gli urti sonori, la trance, il mito rivissuto, la solitudine, il mare e l’oltremare, la natura madre. (dalla postfazione di Luigi Manzi )
Questo libro è una sorta di racconto antropologico e misterico di un viaggio attraverso le rivelazioni della Natura e dell’Io, sedimentato dalle esperienze di vita carnali e intellettuali. I segni accesi sono le lettere di un alfabeto ancestrale disseminati nelle piaghe aperte della natura, edicole erette ai crocevia delle strade principali dell’esistenza. Sono parole di grande consistenza letteraria e simbolica che segnano come crismi i punti chiave dove arrestare la corsa e riconsiderare l’itinerario del percorso tracciato, ma mai completamente definito, della vita. Antonella Rizzo ( “Per segni accesi di Annamaria Ferramosca”, sito Culturamente,12 mag 2021

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dalla sezione I
le origini l’andare
Eppure sento il sibilare della prima neve,
la delicata melodia della luce del giorno
e il cupo brontolio della metropoli.
Bevo da una piccola fonte,
la mia sete è più grande dell’oceano.
___________________Adam Zagajewski
si fermano i vortici della notte si compie il tempo
l’humus prende forma imita materia d’alba
la morbida piega dei petali
sul petto approda l’arca il bosco oscilla
e uno stormire basso quasi un silenzio
permette all’utero l’ultima spinta
dev’essere pace intorno per il primo grido
così difficile e pure così gioioso
dire di un movimento che prima non c’era
e pure si predisponeva
con l’impercettibile forza del germoglio
un tendere misterioso del seme
verso un cielo che approva che chiama
il piccolo corpo a muoversi sul ventre
inesorabile verso la tepida scia bianca
pianeta d’aria e luce e fango
dalla notte arcaica risvegliate
memorie d’oceano alghe azzurre
e sulla terra l’alba degli incontri
brusio di passi
scavano i fianchi ai monti
una rete di valichi e sentieri
come una profezia
****
piega verso settentrione il cammino
un capriccio obliquo della luce
segue la pelle bruna la scolora
azzurrisce occhi fa chiari i capelli
larga piove bellezza sulla terra
e ci fa ibridi lungo i meridiani
ibridi siamo e solo per amore
ibridi camminiamo accanto per millenni
lasciando a terra ibridi uccisi
ibridi schiavi ibridi annientati
il senso è oscuro o uno scuro
disegno governa
tutte le cadute le polveri
i lumi le ricostruzioni
(finché il sole irradia si ripetono
incontro disincontro
i segni sulla sabbia indecifrabili)
****
segnali dal mare dal bosco
nonostante il silenzio
note indecifrabili mi battono le tempie
mi sorprendono in stupore
come l’ibis
immobile nel fiume
la grande migrazione si rivela all’alba
quando il nitore è allo stremo
e risuonano quelle grida dal mare
ultimi tentativi di una lingua
animale universale a intimare
ora o mai più
è ora di prossimità
insieme aprire la via nel bosco
luminosa assoluta
seguirne i segni chiari sui tronchi
fino al limite dei rami
riconoscere la distanza di rispetto
tra pianta e pianta nido e nido
la discrezione dell’ombra e del chiarore
che permette il respiro alla giungla
e vita alle tante piccole vite in terra
e pure asseconda la loro fine
quieta
dalla sezione III
per segni accesi
questo è il mare oggi
in ondate più serene che squarciano
quel tuo grido e quel tuo affanno
deliberatamente fondendosi la
visione di uno strazio con uno strazio
tutto si rifà,
e da capo e di nuovo
_______________________Amelia Rosselli
salvataggio da babel
ascolta ora questa voce
in mp3 recorded devi ricordare
come altre voci a milioni per il dopo
potrai salvarle? – per il dopo – dico
il dopo del grande sisma il grande
regolatore quando
il dio economico sarà crollato
caduto in pezzi pure il dio robotico
torcendosi in sordi borborigmi
__________________bor bor bor
e noi
presi alla sprovvista
senza nemmeno un ultimo selfie
tornati nel deserto disorientati
da babel imbarbariti
di nuovo a balbettare
in smozzicate sillabe
__________bar bar bar
****
terra domani
mi dici ho visto in sogno il futuro
come da un’astronave guardavo
la terra venire incontro al suo domani
a tratti s’illuminava tra i rami
di lanternevoci onde vivide
da una mappa poetica sonora
(dal brusio emerge ogni voce
e nitida dice con lance di senso)
e i visi i visi di noi futuri
occhi e capelli lucenti
pelle ibrido-bruna
e le note le note
non più distinte ma
divenute paesaggio
bosco che scivola nella città
savana fusa nel villaggio
vedere caprioli in corsa
su autostrade deserte
e lupe venute a partorire
negli hangar silenziosi
sentire feroce il sole ridere
di noi umani confusi reclusi
a schivare corpuscoli armati
ad attendere lentissima
_______________la chiarezza
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Recensioni qui
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Sono grata a Doris Emilia Bragagnini e ad Abele Longo e atutta la redazione di Neobar per questa dilatazione della mia ultima scrittura, curata con grande competenza e direi anche con affetto amicale.
Annamaria Ferramosca
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